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Gli stili dello Snowboard

Lo snowboard è uno sport da neve di recente costituzione con stili differenti, nato sulla scia degli sport da tavola (board in lingua inglese) come surf e skateboard e “importato” in Italia non più di 15 anni fa. 

Si pratica su una tavola unica, generalmente costituita degli stessi materiali con cui sono fabbricati gli sci, sulle quali sono fissati in modo trasversale gli appositi attacchi a cui si fissano gli scarponi.

Esattamente come per il surf e lo skateboard da cui deriva, per molti (soprattutto negli USA) lo snowboard è inteso anche come stile di vita.

Questo si riflette anche nell’organizzazione a livello internazionale dello sport, che vede due organizzazioni contrapposte: la sezione snowboarding della FIS e la International Snowboard Federation (ISF). 

La seconda è più vecchia e raggruppa i “duri e puri”, che non intendono scendere a compromessi con quella che viene da loro percepita come la vecchia nomenclatura dello sci alpino.

Il CIO però riconosce solo la FIS, e solo atleti tesserati per federazioni riconosciute da questa possono partecipare alle Olimpiadi Invernali.

Proprio per questa ragione, molti professionisti rifiutano di partecipare ai Giochi per protesta contro le regole e la concezione dello snowboarding come disciplina olimpica.

Le tipologie di snowboard sono due: hard e soft

La prima, meno diffusa, si pratica con tavole piú strette, lunghe e rigide rispetto alla seconda, e con scarponi rigidi simili a quelli dello sci, ma con i tacchetti arrotondati per non toccare la neve con le estremità; le discipline praticate sono lo slalom parallelo e gigante, ed il boardercross, che può essere praticato anche con tavole soft.

Da questo tipo di snowboard sono derivati gli sci da carving.

La seconda tipologia di snowboard (soft) si pratica con tavole e attacchi piú morbidi, che permettono piú “giocabilità” e libertà di movimento: le tipologie di competizione rilevanti, in questo caso, sono il “freestyle“, diviso a sua volta in “halfpipe”, “big air” e “slopestyle”, e il “boardercross“. 

Il freestyle si pratica in apposite aree dei comprensori sciistici dette snowpark, composte di salti e ostacoli di varie tipologie e dimensioni.

Negli ultimi anni lo snowboard freestyle ha acquisito anche una dimensione piú urbana con l’ avvento degli street rails, mutuati dal mondo dello skateboard.Un discorso a parte va fatto per il “freeride“, la discesa in neve fresca, che si pratica con tutte e due le tipologie di tavola e a detta dei puristi rappresenta l’essenza dello snowboarding, in quanto mette piú a contatto con la natura e permette di raggiungere luoghi incontaminati lontano dalla folla dei “soliti” vacanzieri.

Allenamenti per preparare la Mezza Maratona

La mezza maratona è una corsa su strada pianeggiante della lunghezza di 21097 metri (cioè “mezza” maratona, appunto) e quindi fa parte delle corse di fondo.

A differenza della distanza intera, la mezza non richiede un periodo di preparazione molto lungo a chi abbia già una certa dimestichezza con le corse di lunga durata, però se si vuole rendere in modo soddisfacente in gara non si può improvvisare ed è opportuno tenere presente l’importanza di alcune sedute di allenamento che elencherò di seguito.

Devo premettere che è importante considerare a che fascia di atleti sono indirizzati questi consigli.

Non è saggio né onesto consigliare con queste note atleti in grado di correre la mezza in tempi inferiori ad un’ora ed un quarto circa.

Tali atleti hanno un minimo di evoluzione per cui dar loro consigli senza prima essersi confrontati con la loro storia personale non è possibile.

Un discorso a parte forse è opportuno farlo anche per chi non è ancora in grado di correre la mezza in meno di due ore. Due ore vuol dire un’andatura di 10,5 chilometri all’ora.

Chi non è in grado di sostenere questa andatura, anche se non è più un principiante farebbe bene ad insistere con la corsa lunga senza mischiare troppo le carte in tavola e senza aggiungere troppe variabili ad una preparazione che quasi di sicuro ha bisogno di essere incrementata prevalentemente in volume più che in qualità

Fra due ore ed un’ora e 15’ possiamo distinguere almeno tre sottoclassi di atleti:

  • Coloro che corrono fra due ore ed un’ora e tre quarti.
  • Coloro che possono correre fra un’ora e tre quarti ed un’ora e mezza
  • Coloro che possono correre sotto 1 ora e 30’.

Non è che i consigli varino molto a seconda delle sottoclassi di appartenenza, ma una regola generale c’è: quasi sempre risultati di valore medio basso sono perseguibili semplicemente aumentando la percorrenza delle sedute di fondo lungo. Altre variabili (il “ritmo-gara” o anche i ritmi “più veloci di quello di gara”) entrano in campo quando si comincia a parlare di risultati di un certo valore.

Un atleta che abbia corso tre mezze maratone in momenti diversi dell’anno sempre in due ore non si può più definire un principiante, ma non è detto che quell’atleta possa ottenere benefici da allenamenti impostati su ritmi più veloci.

Un buon metodo per capire quando possono tornare utili sedute di allenamento su distanze brevi ripetute o comunque su frazioni della distanza di gara è vedere cosa si riesce a combinare su un test sui 10 km in allenamento.

Se nel test si riesce facilmente a correre ad un ritmo che è simile a quello di gara o addirittura più veloce sarà inutile andare a cercare nuovi ritmi con sedute frazionate.

Se, al contrario, nonostante una buona tenuta sull’intera distanza di 21 km non si riuscirà a correre in allenamento nemmeno per 10 km all’andatura di gara allora sarà il caso di escogitare sedute speciali per rendere più agevole il ritmo gara.

Consideriamo delle situazioni ipotetiche di buon equilibrio delle doti di resistenza e velocità per giungere all’obiettivo prefissato.

In tali condizioni è importante:

  • riuscire a correre circa 25 km in un allenamento quasi al massimo impegno ad un ritmo di circa 30” al km più lento di quello di gara. Per atleti vicini alle due ore la differenza fra ritmo gara e questi 25 km potrà arrivare ad essere anche di 40” al km, per atleti vicini ad un’ora ed un quarto questa differenza sarebbe meglio che non fosse di più di 25” circa per km.
  • Riuscire a correre (almeno tre settimane prima della gara) la stessa distanza di gara in un tempo di 4-6 minuti (per chi vale tempi migliori) oppure 8-12 minuti (per chi vale poco meno di due ore) superiore all’obiettivo di gara.
  • Riuscire a correre 14 km praticamente al ritmo gara.

Verificate queste tre condizioni (e quindi svolti questi tre importanti allenamenti che dovranno essere collocati in momenti buoni della settimana e poi ben recuperati), l’obiettivo stabilito sulla mezza maratona potrà ragionevolmente essere raggiunto.

Eventuali altri allenamenti importanti potranno essere svolti sulle frazioni di gara. Per esempio tre volte 7 chilometri ad un ritmo di 10-15” al km più lento di quello previsto in gara.

Oppure 4 volte 4 km al ritmo gara.

Le frazioni a ritmo più veloce di quello di gara, tipo 6×2000 a ritmo 10” x km più veloci del ritmo gara dovranno essere svolte molto distanti dalla gara stessa perché hanno funzione di costruzione del ritmo gara ma non di rifinitura.

E’ importante diradare le sedute di allenamento per fare in modo che possano essere ben recuperate. Concentrare troppo le stesse, oltre che controproducente per la forma sportiva, diventa pericoloso anche dal punto di vista degli infortuni da sovraccarico.

Al riguardo poi della collocazione delle sedute c’è da aggiungere che sarà opportuno tenere più distanti dalla gara le sedute su ritmi molto vicini a quello di gara.

In prossimità della gara (ultimi 20 giorni di preparazione) sarà meglio insistere su sedute di buon chilometraggio (anche se non esagerato) ma svolte sempre a ritmi almeno 20” al km più lenti del ritmo gara.

Eventuali richiami sul ritmo gara assolutamente non negli ultimi 3-4 giorni e comunque senza toccare elevate intensità.

Detto così sembrerebbe tutto abbastanza facile.

A complicare il quadro saranno poi le centomila diverse situazioni personali.

Ed è per quello che questi sono solo umili consigli e le tabelle di allenamento siamo costretti a lasciarle solo a chi vuole prendere in giro i podisti. Buona corsa

Le antiche origini delle arti marziali

Le arti marziali hanno un’origine antica: appartengono ai guerrieri orientali e nascono per la necessità di difendersi.

Sono definite arti perché uniscono capacità fisiche e mentali contemporaneamente, e per questo motivo l’apprendimento della tecnica non è mai fine a se stesso: il percorso di formazione, oltre ad irrobustire il corpo, prevede momenti di meditazione spirituale che possa portare ad un pieno controllo delle proprie emozioni.

Queste arti furono trasmesse per intere generazioni solo oralmente, perché furono messe al bando dalla politica del tempo.

Per occultare questi insegnamenti i maestri crearono delle vere e proprie danze che nei loro movimenti armoniosi nascondevano autentici trattati sulle arti marziali.

Ogni stile di combattimento è il frutto dell’area geografica ove culturalmente si è sviluppato: dalla Cina conosciamo il Kung Fu (nei vari stili Shaolin, Wing Chun, Choy Li Fut), il Wu Shu, il Tai Chi Chuan e il Ch’i Gung (qi gong); provenienti dall’isola di Okinawa il Karate (stili Shorin-ryu e Goju-ryu) e il Kobudo; la Corea ci ha dato il Tae Kwon Do, il Tang Soo Do e la Hwarang Do; dal Giappone troviamo il Judo, il Jujitsu, l’Aikido, il Karate (stili Shotokan, Wado-ryu e Shito-ryu), il Ninjitsu e il Kendo; la Thailandia ha prodotto il Muay Thai, mentre le Filippine hanno codificato l’Escrima, l’Arnis e il Kali.

Sembra paradossale ma queste arti di combattimento portano al raggiungimento della pace interiore. In realtà questo si giustifica perché l’aggressività repressa che è dentro di noi viene sfogata attraverso il combattimento e aiutato dal controllo della mente per raggiungere l’autocontrollo.

Prima di entrare nel dettaglio delle varie discipline presentiamo una rapida classificazione.

Iniziamo con la divisione in due macrogruppi:

1. Stile marziale interno; dove l’insegnamento spirituale è predominante all’insegnamento tecnico. È basato sullo sviluppo del “Ki”, centro energetico situato sotto l’ombelico, dove si pensa si concentri l’energia del corpo.

Tra le arti marziali di questo tipo troviamo: Pakwa, Tai Chi e Hsing I.

2. Stile marziale esterno; basato sullo sviluppo della forza fisica e della potenza.

Tra le arti marziali più note di questa categoria troviamo: Kung fu e Wushu.

Un’altra classificazione, può essere quella che divide l’arte marziale in:

1. Armata; tra cui Wu-shu Kung fu, Kobudo ed Aikido.

2. Disarmata; tra cui Judo, Jujitsu e Karate

Un’altra classificazione viene fatta a partire dalle armi: quelle tradizionali, quelle del kobudo e quella del wu shu.

1. Armi tradizionali, quelle dei samurai, comprendono: Katana (sciabole), Naginata (tipo di alabarda con lama corta), Kyu (arco), Yari (lancia), Ho (bastone lungo), Jo (bastone corto).

2. Armi del Kobudo, rappresentano gli attrezzi del mondo contadino; tra cui: Ho (bastone lungo, con cui i contadini trasportavano i secchi d’acqua), Nunchaku (formato da due corti bastoni, uniti da una corda), Tonfa (due bastoni di 30 cm con all’estremità un piolo per l’impugnatura, questo era usato per piantare le patate), Kama (piccoli falcetti utilizzati in coppia), Kai (remo), Sai (spiedo).3. Armi del wu shu sono: Chien (spada dritta a due tagli), Dao (sciabola simile al machete), Chiang (lancia), Kwan dao (alabarda), kwun (bastone)

La determinazione degli obiettivi intriseci nello sport

Questo è un argomento “determinante” in ogni preparazione sportiva.

Lo sport professionistico si dovrebbe distinguere da quello dilettantistico per questo aspetto.

Lo sport per la salute differisce dallo sport “contro” la salute essenzialmente su questo aspetto.

Tutta la problematica del doping ha ragione di esistere solo in funzione di scelte errate in merito a questo argomento.

Partiamo subito dai più sfortunati.

Da questo punto di vista gli atleti più sfortunati sono proprio i professionisti, magari i miliardari, quelli che potrebbero benissimo fare a meno di lavorare e quindi anche di fare sport, per il resto della loro vita.

Loro, “attori” dello sport spettacolo, non possono porsi questo splendido problema.

Per loro questo problema non esiste.

O meglio esiste ed è talmente grave che ha una risposta sola: l’unico obiettivo possibile è quello che li colloca al vertice della loro specialità: non esistono altre scelte.

Un esempio per tutti: quello della nazionale italiana di calcio, che se arriva seconda ad un mondiale ha comunque fallito.

In questo caso lo sport non può essere sport per la salute.

La salute te la rovini già a pensare che hai un solo risultato possibile, e la curiosa motivazione del famoso allenatore Arrigo Sacchi che lasciò l’attività di allenatore in quanto definita troppo stressante non è del tutto campata in aria.

Fare i miliardari è sempre un bel mestiere ma essere costretti a vincere non è certamente rilassante.

E’ impensabile che sia utile alla salute un’attività sportiva che parte da un obiettivo agonistico imprescindibile, soprattutto se consideriamo che questo obiettivo è sempre di altissimo livello.

Ci si può augurare solo che sia umanamente perseguibile, ed attrezzarsi a sopportare l’eventualità molto probabile di un clamoroso fallimento.

In questo campo non ci sono suggerimenti da dare, se non appunto raccomandare che l’importante è la salute e quindi vigilare su tutte le circostanze legate a questi obiettivi di livello superiore che possono minarla.

Benefici e svantaggi dello sport del nuoto

Eccoci ad una disciplina che gode di una grande fama per i benefici che può portare alla forma fisica.

In effetti il nuoto (quell’insieme di movimenti che assicurano il galleggiamento e lo spostamento nell’acqua) è considerato uno degli sport più completi, ed in effetti non esiste una disciplina più formativa e completa di questa.

Per questa ragione, il nuoto è consigliabile a tutti e a tutte le età, ed in particolare è molto indicato per sviluppare in modo armonico gli arti – sia inferiori sia superiori – ed il torace.

In più migliora ampiamente la funzionalità cardio-respiratoria, tanto che molti sostengono che ogni ragazzo dovrebbe nuotare con continuità tra i 4 e gli 8 anni, anche perché l’età migliore per iniziare è proprio quella tra i 4 e i 7 anni.

Con il nuoto, insomma, si assiste ad uno sviluppo della struttura ossea armonioso e completo: la cassa toracica tende ad ingrandirsi, mentre si correggono le deviazioni della colonna vertebrale (come nella scoliosi) e contemporaneamente non si sovraccaricano le articolazioni perché viene praticato in sospensione, quindi in un ambiente in cui è virtualmente assente la forza di gravità.

I principali vantaggi di una costante attività natatoria

1. Il nuoto investe e mette in moto gran parte dei muscoli corporei:
braccia, gambe, collo (respirazione a crawl…), schiena, e ciascuno di questi può essere impegnato con grande vigore. Al contrario di molti sport che imperniano il dispendio di energia sopratutto su certi arti (es. le gambe nel cliclismo o nel calcio…), il nuoto distribuisce il movimento sulla generalità del corpo, ed è per questa ragione che è universalmente riconosciuto come lo sport che sviluppa più armoniosamente tutta la muscolatura.

2. E’ estremamente flessibile:
Il nuoto non è tutto “gara”: può essere un momento di relax costeggiando le rive di un lago, può essere una serata in piscina in cui si chiacchiera con gli amici e ogni tanto ci si tuffa a fare due o tre vasche. Credo sia difficile trovare uno sport che abbia la flessibilità e l’adattabilità del nuoto a tutte le condizioni fisiche! Si va dalle necessità dei traumatizzati che cercano di riabilitare un arto ai campioni di delfino, dallo sguazzare dei bambini per divertimento alle tranquille bracciate di chi cerca di buttar giù qualche chilo di troppo…

3. Può disperdere da poca a moltissima energia:
Quando serve una perdita di energia leggera, il nuoto permette di restare sempre in area aerobia, con esercizi soft che (pur svolgendosi in piscina) non andrebbero forse nemmeno definiti nuoto vero e proprio perché comportano meno sforzo anche rispetto ad una semplice camminata. Contemporaneamente, nella stessa piscina e con gli stessi movimenti di base, si può dare il via ad una dispersione di calorie enorme, per la contemporaneità e il gran numero di muscoli interessati.

Inoltre, in piscina avviene è una dispersione termica supplementare rispetto a quella richiesta dal semplice movimento: è quella dovuta alla conduzione e temperatura dell’acqua. Da un lato, il potere di conduzione dell’acqua facilita il raffreddamento (suda di più un corridore che un nuotatore) e quindi crea le condizioni paragonabili a quelle di un motore che (essendo ben raffreddato) può salire di giri senza fondere. Dall’altro lato, l’acqua fresca richiede a chi non lavora “a pieno regime” un supplemento di dispendio per il riscaldamento del corpo. Si ha insomma un punto limite al di sopra e al di sotto del quale l’acqua ha un effetto diverso, ma in ogni caso essa facilita la dispersione termica e l’aumento in termini di dispendio energetico complessivo

4. E’ molto salubre:
Non vi sono malattie specifiche imputabili al nuoto. Mentre vi sono sport che comportano rischi e traumi tipici (come il tennis), gli eventuali traumi del nuoto sono del tutto generici (si può dire che se uno scivola e cade in piscina, avrebbe potuto scivolare e cadere anche nel proprio bagno). Vi sono alcuni rischi che apparentemente paiono legati alla frequentazione delle piscine:

a-infezioni come verruche o funghi (piede d’atleta). Vero, ma non sono problemi specifici del nuoto. Infatti non si parla di “piede del nuotatore” ma di piede “d’atleta”, perché la mancanza di scrupolosa igiene nelle docce e negli spogliatoi comporta lo stesso problema della mancanza di scrupolosa igiene nelle piscine, dei relativi spogliatoi e docce…

b-traumatismi. Non vi sono più traumatismi tra i nuotatori rispetto a quelli che si osservano in altri sport. Anzi, è molto meno facile farsi male in una vasca d’acqua che quando si cavalca una bicicletta o si corre per i boschi.

c-raffreddamento, ecc. Se una persona è ammalata, raffreddata, ha un ascesso dentario o l’influenza, non si deve recare a nuotare. Ma anche qui, si hanno le stesse precauzioni che si dovrebbero mettere in campo per il karatè o per la corsa ad ostacoli… In realtà molte persone pensano che il raffreddamento dell’acqua possa portare al raffreddore o all’influenza… Queste malattie (è bene ricordarlo) sono malattie infettive. Se uno ha già il contagio non si deve strapazzare né col nuoto né con altro. Se uno contrae in contagio in piscina, può contrarlo anche andando in banca o al cinema… Ma è molto più probabile questo secondo caso, visto che in piscina c’è una concentrazione di cloro (che è un disinfettante) molto superiore…

5. Costa poco:
La sua economicità si basa sopratutto sull’attrezzatura dal costo irrisorio (chi non ha già in casa un costume da bagno?). Se anche si vogliono aggiungere accessori sofisticati (super-occhialini, cuffia di gran marca ecc) resta un’attrezzatura che scompare davanti al costo di quel che serve per andare a sciare, a tirare al bersaglio o a fare quattro pedalate su una bici da corsa…

Per giunta, tutta l’attrezzatura può essere portata in una borsa di modeste dimensioni, e quindi si può praticare anche durante l’intervallo di colazione, o dopo il lavoro, senza dover ripassare da casa…

Svantaggi del nuoto

Contrariamente alla credenza popolare, il nuoto non si può formalmente definire uno sport “completo”. Questo succede non perché il nuoto non sia un buono sport, ma perché in realtà uno sport competitivo veramente completo non esiste (ed è questa la ragione per cui gli sportivi professionisti integrano sempre il proprio allenamento con l’attività pesistica in palestra dedicata scientificamente ai gruppi di muscoli meno coinvolti nella loro specialità).

In particolare, l’addome è poco interessato dal nuoto.

Stare sempre a mollo nell’acqua per molteplici ore, potrebbe favorire, soprattutto in età adulta, a favorire il terreno idoneo a disturbi come l’osteoporosi.

Secondo quanto sostengono alcuni, inoltre, il nuoto tende ad indurre il corpo alla creazione di un pannicolo adiposo sotto la cute, come reazione di difesa al freddo dell’acqua.

L’aspetto del nuotatore sarebbe in qualche modo antiestetico.

Queste osservazioni in realtà generano dei grossi sospetti presso coloro che vogliono abbattere il grasso nel loro organismo… ma si tratta in realtà di motivazioni poco fondate, in una situazione reale nella quale ormai la stragrande maggioranza di chi nuota nei periodi freddi lo fa in una piscina coperta e adeguatamente riscaldata!

L’unico svantaggio reale del nuoto, infatti, è che richiede una piscina o uno specchio d’acqua naturale (che comunque, alle nostre latitudini, non è frequentabile tutti i giorni di tutto l’anno…).

E’ però vero che piscine pubbliche di buon livello sono ormai presenti in modo capillare su tutto il territorio: chiunque (atleta o semplice praticante) ha quindi la possibilità di frequentarne una anche tutti i giorni

Breve accenno storico della moderna atletica leggera

I giochi fanno parte della natura umana.

L’uomo infatti, come qualsiasi animale, ha un istinto di gioco che ha coltivato sin dagli albori dell’esistenza e gli è servito per competere ed eccellere.

In questo brevissimo articolo tratteremo le origini e la storia della moderna atletica leggera.

Bisogna aspettare il XVIII secolo perché i giochi – che si sono evoluti parallelamente allo sviluppo dell’intelletto umano – cominciassero a profilarsi come sport.

Sull’onda dei primi esperimenti sportivi e ricreativi che dimostrarono la grande utilità delle competizioni a fini formativi, lo spirito umanista e filantropico del barone Pierre De Coubertin si erse a proporre la pace e la concordia delle nazioni attraverso lo sport, a imitazione delle tregue tra le città-stato dell’antichità.

Un certo romanticismo permeava le classi alte di fronte ad un mondo in evoluzione, dove le società geografiche ed archeologiche esploravano l’Africa e scoprivano le antiche civiltà, i mezzi di trasporto si perfezionavano e le città crescevano a ritmi esorbitanti.

Così, l’idea per certi versi eccentrica di De Coubertin venne sviluppata e Atene nel 1896 con non pochi sacrifici, divenne una realtà.

Fu nel 1912, nella città Olimpica di Stoccolma, che i Giochi vennero fondati in forma stabile e definitiva.

Da allora, sono cresciuti fino a diventare il fenomeno universale che viviamo oggi, con una storia fatta anche di bellezza e di gesta che rimangono nello sfondo di questo grande scenario.

Cionondimeno, i Giochi non attirarono un pubblico sufficiente, per cui Parigi-1900, Saint Louis-1904 e Londra-1908 poterono esistere solo in quanto associate alle rispettive Esposizioni Universali.

Molte delle discipline dell’atletica leggera hanno origini antiche, e si tenevano in forma competitiva già nell’antica Grecia.

L’atletica leggera venne inserita nei Giochi Olimpici fin dall’edizione del 1896, e da allora fa parte del programma olimpico.

Il corpo di governo internazionale dell’atletica leggera, la IAAF (International Association of Athletics Federations), è stato fondato nel 1912.

La IAAF organizza i Campionati del mondo di atletica leggera, con cadenza biennale.

La prima edizione si è svolta nel 1983 ad Helsinki. In Italia, l’attività dell’atletica leggera è regolata dalla Federazione Italiana di Atletica Leggera (FIDAL)

Benefici e metodo della Fit Boxe

Volete mantenervi in forma con una disciplina conosciuta prevalentemente come Fit-boxe?

C’è chi la chiama kick aerobic, chi la definisce aero boxe, kick for fit

Il succo è lo stesso: c’è chi usa solo i pugni, chi anche i calci, e ci si allena come dei veri pugili, al ritmo della musica da aerobica.

La differenza principale che distingue queste nuove discipline dalla boxe pura, è la mancanza di un reale contatto fisico con l’avversario: il fine dell’aeroboxe è infatti sì sfogarsi, ma solo contro un sacco, che, invece di essere appeso come nella boxe, è appoggiato a terra.

Il mix è esplosivo ed ideale per bruciare parecchie calorie, grazie ad un allenamento cardiovascolare completo, e per sfogare lo stress delle dure giornate lavorative.

I Benefici della Fit-Boxe?

Massimo rassodamento di gambe, glutei ed addominali.

Gli esercizi si fanno in gruppo, davanti ad uno specchio, e non è necessario un abbigliamento specifico, solo dei guanti tecnici – senza dita e rinforzati da una piccola imbottitura, che non costano molto.

E dulcis in fundo, la pratica di queste discipline si adatta bene anche a chi rifugge l’ambiente delle palestre, e preferisce l’home fitness: si compra il sacco, che costa più o meno 200 euro, e si impara dalle cassette che si vendono anche via internet.

Nike, in particolare, all’interno del programma di fitness Power Strike, proponeva tempo addietro una versione particolare di queste discipline.

Chiaramente oggi su Youtube c’è solo l’imbarazzo della scelta sia a pagamento che gratuitamente, ogni tipo di tutorial.

Si chiama Impact ed è un workout di kickboxing nel quale vengono eseguiti i colpi fondamentali della boxe, assieme alle tecniche più importanti del kicking, con l’utilizzo di particolari sacchi di allenamento che fungono da bersaglio.

Su ciascun bersaglio lavorano contemporaneamente due persone, a ritmo di musica e con l’ausilio di potenti coreografie, abbinate a ripetizioni continue di piccole combinazioni di colpi.

Il workout è adatto a tutti, non è necessaria una preparazione di base specifica e, oltre a rappresentare un efficace allenamento cardiovascolare e muscolare, fornisce una conoscenza di base per l’autodifesa.

Come un pugile

Per scolpire il fisico e aumentare la propria autostima la nuova soluzione si chiama Water Boxing.

Si tratta della ginnastica di preparazione alla boxe fatta in piscina e combinata ai più classici esercizi di acquagym.

Questa disciplina prevede colpi con le braccia e le gambe, oltre ad alcuni esercizi di autodifesa per poi arrivare a realizzare vere e proprie combinazioni di calci e pugni.

I benefici sul corpo sono evidenti in poco tempo, gli esercizi agiscono su spalle, pettorali, gambe, glutei e addominali.

Abbinando questo tipo di attività fisica ad una dieta bilancia il corpo viene rimodellato in poco tempo, inoltre aumenta la resistenza fisica allo sforzo. Per non parlare degli effetti sull’autostima.

Gli esercizi sono una guida all’autodifesa non solo fisica, ma anche nell’affrontare le piccole questioni quotidiane.